Paralisi plesso brachiale neonato

paralisi plesso brachiale neonato

Paralisi brachiale o frattura di clavicola? Ecco le due principali possibilità quando un neonato muove poco una delle due braccia

La paralisi del plesso brachiale del neonato è, insieme alla frattura di clavicola, tra i principali traumi da parto che possono causare ridotta o assente motilità dell’arto superiore.

Ma se per la frattura di clavicola l’ipomobilità dell’arto è legata a motivi antalgici (il piccolo non muove l’arto per non sentir dolore) e migliora già in 3-4 giorni risolvendosi in 10-11 giorni, discorso a parte va fatto per la paralisi del plesso brachiale.

In caso di paralisi del plesso brachiale infatti è avvenuto uno stiramento (fino allo strappamento nei casi più seri) delle fibre nervose che governano la motilità dell’arto superiore (plesso brachiale).

Cos’è il plesso brachiale?

Il plesso brachiale è un fascio ramificato di fibre nervose che si estende dalla colonna vertebrale cervicale fino alla radice del braccio omolaterale, ove poi si organizza nei vari nervi che vanno a muovere i muscoli dell’arto superiore.

Per la precisione le radici nervose che lo compongono vanno dalla quinta vertebra cervicale (C5 – C6 -C7 – C8) alla prima toracica (T1).

Un parto distocico può lesionare il plesso brachiale?

Un parto difficile (distocico) può verificarsi con maggior probabilità in particolari condizioni materno-fetali (es: feto macrosomico, sproporzione feto-pelvica… etc).

Tra le diverse complicazioni del parto difficile compare anche la paralisi del plesso brachiale.

Una volta disimpegnata la testa dal canale del parto, devono passare poi le spalle del neonato.

Allorchè il parto è difficile potrebbe essere necessaria un’importante trazione della testa del feto.

Questa manovra va a stirare le fibre nervose del plesso brachiale: il semplice stiramento del plesso brachiale causa per fortuna una paresi transitoria che si risolve nell’arco di poche settimane.

In alcuni casi meno frequenti la paralisi può invece dipendere da un vero e proprio strappamento delle fibre del plesso brachiale e in tal caso la guarigione può non avvenire.

Campanello d’allarme per una paralisi a prognosi grave (cioè che non guarisce) è l’interessamento delle fibre che innervano la parte bassa dell’arto (mano e polso).

Come capire se la paralisi del plesso brachiale è grave?

In presenza di ipomobilità dell’arto superiore in un neonato bisogna subito osservare la prensione palmare (chiude la manina?):

  • Se la prensione palmare è conservata, probabilmente è una paralisi alta (di Erb-Duchenne), interessa prevalentemente la spalla e tende a guarire completamente nella maggior parte dei casi.
    • Oppure è una frattura di clavicola (che spesso può anche coesistere con la paralisi nervosa). Ma basterà toccargli le clavicole per capirlo.
  • Se invece la prensione palmare è assente, allora è una paralisi bassa (di Dejerine-Klumpke) oppure paralisi totale (alta+bassa, Erb-Duchenne-Klumpke): in tal caso la ripresa funzionale potrebbe non avvenire e necessitare di intervento microchirurgico.

Quali indagini eseguire?

Se la paralisi persiste dopo il 3° mese risulta utile eseguire una elettromiografia per definire con precisione il segmento nervoso danneggiato.

Una risonanza magnetica o una mielografia con TC mostreranno il tipo di danno dando anche adito a miglior definizione prognostica:

  • se trattasi di semplice danno compressivo (da edema o emorragia), il recupero è possibile allorchè la compressione svanisca entro alcuni mesi
  • se gli esami radiologici mostrano invece una totale rottura o avulsione della fibra nervosa, potremmo assistere a un danno permanente (salvo intervento microchirurgico)

Riabilitazione e intervento

Sul piano terapeutico fondamentale è avviare il piccolo ad adeguati esercizi fisioterapici correttivi attivi e passivi per evitare l’instaurarsi di contratture che potrebbero peggiorare la disabilità

Nei casi di avulsione completa delle fibre nervose l’unica strada che può far ipotizzare un miglioramento è l’intervento microchirurgico finalizzato a “riconnettere” le fibre nervose attraverso innesti.

Fonti:

  • Principi-Rubino, Pediatria generale e specialistica, Casa Editrice Ambrosiana, Seconda edizione, 2017
  • Foto di Andreas Wohlfahrt da Pixabay

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